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2021- Dalì Salvador (1904-1989)

(Testo tratto da www.studenti.it)

Figlio di un notaio Salvador Dalì nasce in Catalogna, nella città di Figueras nel 1904. Già da bambino rivela doti eccezionali nel disegno. È molto legato alla madre, che muore nel 1921, e ha un rapporto estremamente conflittuale con il padre, rigido e autoritario.
Viene accettato all’accademia di belle arti di Madrid e nel convitto universitario incontra quelli che saranno i suoi migliori amici: Federico Garcĺa Lorca e Luis Buñel. Al primo Salvador sarà legato da una profondissima amicizia e con lui trascorrerà una memorabile vacanza a Cadaqués, con il secondo affronterà l’avventura nel mondo del cinema.

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Lorca sarà anche il primo ad intuire con precisione la vicinanza del giovane pittore al linguaggio surrealista, alcuni passi dell’ode che compone in suo onore descrivono il suo processo creativo da cui le immagini scaturiscono liberamente l’una dall’altra, si associano in modo automatico. 
Con grande dispiacere del padre, Salvador Dalì non porta a termine gli studi, viene espulso dall’accademia per contestazioni nei confronti dei docenti. Libero dagli impegni accademici compie però nel 1926 il primo viaggio a Parigi, dove si reca a trovare Picasso prima ancora di visitare il Louvre.

Tornato in patria si dedica con l’amico Buñel alla realizzazione de Un chien andalou. Torna a Parigi nel 1929, accompagnato da Mirò, dove trova ad attenderlo l’intero gruppo dei surrealisti.  
L’adesione al movimento surrealista significa per Salvador Dalì riconoscimento internazionale, partecipazione alle esposizioni collettive del gruppo, pubblicazioni sulle numerose riviste che supportano il gruppo.
Significa poi l’incontro con Gala, l’amore della sua vita, musa ispiratrice e protagonista di moltissimi dei suoi quadri, che al momento del loro primo incontro è la moglie di Paul Eluard.
Anno della vera svolta è il 1930. La coppia ormai inseparabile acquista una piccola casa a Port Lligat, è il nido, il rifugio, il castello incantato che sarà man mano ingrandito negli anni e dove entrambi resteranno fino alla fine. Nello stesso anno Salvador Dalì teorizza il suo nuovo metodo paranoico-critico che consiste nella ripetizione ossessiva di elementi che alludono alla parte più profonda dell’inconscio, quella dei conflitti familiari, delle pulsioni sessuali, dell’amore e della morte. Il processo paranoico prevede l’osservazione di un oggetto e la sua trasmutazione in un altro e si opera in uno stato allucinatorio, frenetico, compulsivo, diverso quindi dallo stato di quiete ipnotica descritto da Breton nell’automatismo psichico.    
A creare una prima divergenza tra Salvador Dalì e i surrealisti è la sua posizione completamente apolitica, mentre gli altri appoggiavano apertamente la rivoluzione comunista. Egli diviene inviso al gruppo quando sceglie di continuare a vivere in Spagna anche durante il regime franchista e quando nei suoi quadri iniziano a comparire elementi ricorrenti dell’estetica nazista, frutto di visioni oniriche secondo il pittore spagnolo, manifesto di adesione al nazi-fascismo secondo Breton.
Nel 1939 la rottura definitiva in seguito a una sorta di processo-interrogatorio e alla conseguente espulsione. Salvador Dalì racconterà in seguito che i surrealisti, fautori della libertà, della forza profonda dell’inconscio avevano in realtà paura di lui, del suo atteggiamento anticonformista, del suo linguaggio surrealista senza compromessi, tale da includere anche gli elementi più raccapriccianti (insetti, corpi in decomposizione, escrementi…), nel suo totale rifiuto delle forme astratte, nel suo perseverare nell’utilizzo del disegno come principale e irrinunciabile mezzo espressivo. “L’unica differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo, la differenza tra me e i surrealisti sta nel fatto che io surrealista lo sono davvero” avrà modo di ribadire nel suo Diario di un genio.